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Raccontare un film con i titoli di coda

26-04-2023

Un tempo la parola fine chiudeva i giochi e sui titoli di coda dei film ci si poteva alzare. Oggi però i limiti vacillano.

La macchina da presa arretra lentamente, guardando i contorni della storia che è appena terminata. L’allontanamento dalla vita dei personaggi e dal film stesso è spesso sottolineato da questo espediente linguistico. Un distacco fisico e psicologico dal luogo dove si è svolta l’azione, mentre il racconto prosegue autonomamente e idealmente oltre le immagini. In alternativa, lo spazio può rimanere vuoto, magari per un progressivo incedere in lontananza del protagonista, che si incammina (spesso ripreso di spalle) verso il suo destino.

Ma cosa succede dopo il finale?

Un tempo non v’erano dubbi. La parola fine chiudeva i giochi e sui titoli di coda di un film ci si poteva alzare.  Oggi però i limiti vacillano e si assiste ad una sempre maggiore incertezza dei margini. Un’ambiguità che caratterizza le soglie e insieme ciò che viene definito paratesto, tutto quell’insieme di componenti che, ai confini del testo, lo contorna e lo prolunga.

Eh sì. Oggi le cose sono proprio cambiate, e i limiti tendono a vacillare: oltre il finale non c’è sempre il vuoto e la parola fine è sempre più un antico ricordo.

Il cinema contemporaneo sembra fare sempre più fatica a congedarsi, e i suoi titoli di coda (un tempo poco considerati dal pubblico) si stanno conquistando una posizione di sempre maggior privilegio. Non più solo un luogo rituale che ci si aspetta di ritrovare ad ogni visione, non una semplice cornice.

Vediamo, attraverso alcuni esempi, cosa può accadere quando il film “sembra” finito e invece…. inizia il bello.

Album di famiglia

Tra le procedure di gestione del commiato messe in atto nei titoli di coda, ve n’è una particolarmente ricorrente. Essa riguarda personaggi e interpreti, che prolungano la nostalgia della finzione riapparendo uno ad uno proprio sui titoli. Fotografie, fotogrammi del film o spezzoni in movimento, immagini create apposta per i saluti finali.

In "The Blues Brothers" (Id., 1980) di John Landis i titoli di coda cominciano sul film e l’aspetto più interessante riguarda la galleria dei personaggi.

Sulla musica dell’epilogo, gli attori si mettono a ballare e a cantare, all’interno di inquadrature realizzate apposta per presentarli. Ci sono tutti, una lista di partecipazioni straordinarie, tra cui James Brown, Ray Charles, Aretha Franklin, John Lee Hooker. Sentirli cantare anche solo per pochi secondi è un imprevisto regalo.

Il destino dei personaggi

L’attesa è premiata da una coda che ci racconta quale sarà il destino dei personaggi, limitando forse un po’ la nostra immaginazione ma gratificando la nostra curiosità. Che ne sarà di loro? La domanda trova una risposta durante i titoli o subito dopo.

Il diario di Bridget Jones

Accade ne "Il diario di Bridget Jones" ("Bridget Jones’s Diary", 2001) di Sharon Maguire. Siamo invitati a restare anche dopo l’ultimo lunghissimo bacio, anche quando inizia a scorrere la sequenza dei titoli di coda. Questi si trovano alla destra dello schermo, mentre sulla sinistra si avvicendano divertenti fotogrammi tratti dal film. Ma, attenzione, perché alcuni si animano, e sono i personaggi stessi ad aggiungere informazioni al finale. E qui si ride.

Out takes in coda

Altra pratica che contribuisce al prolungamento dei titoli di coda: l’inserimento dei "ciak sbagliati". Divenuta di moda, la presenza degli out-takes nel post-coda gestisce ironicamente la nostalgia che invade lo spettatore alla fine di un film, e introduce un discorso meta-filmico sul cinema nel suo farsi.

Sul finale di "Tutti pazzi per Mary" ("There’s Something About Mary", 1998) dei fratelli Farrelly tutti cantano, ma lo fanno durante le riprese. Le scene tagliate sono solo una parte del progetto, che combina momenti di ilarità sul set a prolungamenti del girato, appositamente realizzati per questa sequenza conclusiva.

Chiavi di lettura

La sequenza che accompagna i titoli si ritaglia la qualifica di “serbatoio di senso”. Musica e immagini si fondono per mettere ancora una volta in chiaro il significato più profondo del film.

Risponde a questo bisogno la sequenza titoli del "Dogville" (Id., 2003) di Lars Von Trier.

Le note che accompagnano i titoli sono quelle di "Young Americans" di David Bowie. Le immagini parlano da sole. Si tratta di una sequela di fotografie in bianco e nero che ritraggono la provincia americana e i suoi bassifondi. Povertà, solitudine, vizi, violenza, disparità razziale, tutto sui titoli di coda.

Notizie sul sequel

E infine… un esempio che li batte tutti e che mette a dura prova la pazienza dello spettatore.

Per avere notizie su un possibile seguito del film bisogna attendere la fine dei credits.

Ci mette nove minuti di titoli di coda che scorrono su schermo nero "La maledizione della prima luna" ("Pirates of the Caribbean", 2003) di Gore Verbinski.

Pirati dei Caraibi

Quando terminano appare un inserto in cui si vede la scimmietta dei pirati sottrarre nuovamente il medaglione dal tesoro stregato. Ci guarda e ci balza letteralmente addosso, rilanciando la maledizione e riaprendo il racconto ad un possibile sequel.

 

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