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I formati della fiction. Dal tv movie alla miniserie

16-01-2023

Si possono distinguere le fiction tv in base al formato seriale, al modello seriale e al genere narrativo.

Iniziamo questo viaggio dal termine che li abbraccia tutti. Che ci crediate o meno, questo termine è fiction.

In linea generale, è possibile distinguere le fiction tv in base: al formato seriale, al modello seriale e al genere narrativo. Di cosa stiamo parlando?

  •  Formato seriale: ovvero, il formato temporale. La durata del programma e dei singoli segmenti. In base alla durata del programma si parla di breve, media, lunga, lunghissima serialità. I singoli segmenti (puntate o episodi) hanno una durata variabile che, nella maggior parte dei casi, va da 2o a 60 minuti.
  • Modello seriale: il tipo di rapporto che esiste tra segmenti differenti. La puntata è un segmento narrativo non autosufficiente, strettamente concatenato a quelli che lo precedono e che lo seguono. L’episodio è, al contrario, autoconclusivo, sebbene sia legato da una continuità narrativa agli altri episodi della fiction.
  • Genere narrativo: la tonalità della narrazione. Drama, dramedy o comedy. Poliziesco, sci-fi, western. Procedural Drama, Legal Drama, Medical Drama, Teen Drama. Considerando l’odierna e massiva ibridazione di generi, non è sempre semplice etichettare una serialità televisiva.

Cominciamo a distinguere, partendo dalle fiction più brevi della storia della tv: il film per la televisione e il film in parti, qualcosa che un tempo chiamavamo sceneggiato e oggi preferiamo chiamare miniserie.

FILM PER LA TELEVISIONE (FILM TV O TV MOVIE)

Stiamo parlando di film a tutti gli effetti, ma realizzati appositamente per essere trasmessi in televisione.

A cambiare talvolta, soprattutto nella tv tradizionale, sono contenuti e tematiche, è il linguaggio, un linguaggio visivo, registico e narrativo che potremmo definire più elementare.

Un film che spesso viene diviso in due parti per garantire al prodotto una doppia serata di programmazione. In questo caso, la struttura ha una variante: un finale intermedio.

Necessariamente un cliffhanger, un colpo di scena che lascia una certa fame di finale, che deve lasciare con il fiato in sospeso, costringendo lo spettatore a desiderare un secondo appuntamento.

Qualche esempio? IT (film in due parti del 1990, adattamento dell’omonimo romanzo di Stephen King), Paolo Borsellino (due puntate andate in onda su Canale 5 nel 2004), Gino Bartali – L’intramontabile (due puntate trasmesse nel 2006 su Rai 1).

Esistono anche casi eccezionali.

Sono film tv anche quelli che compongono il mondo del Commissario Montalbano.

Le avventure del commissario di provincia nato dalla penna di Andrea Camilleri sono state raccontate attraverso una serie di film per la televisione, realizzati in tempi diversi e mandati in onda uno alla volta per poi essere riproposti tutti assieme. In ogni caso, si tratta di film autonomi da un punto di vista narrativo, ognuno dei quali racconta un caso differente che alla fine del film trova una soluzione.

Il commissario Montalbano

Si parla in questo caso di film per la televisione in serie, caso non raro in alcune serie antologiche.

Basti pensare a Black Mirror, prodotto britannico ambientato in un futuro distopico ispirato al mondo di oggi. Ogni parte è un film a sé stante di lunghezza variabile, con trama e personaggi propri. Il punto di intersezione tra i singoli film è il rapporto fra l’uomo e la macchina, una riflessione su quanto la tecnologia ci cambi e su come influisca sulla società.

Format delle fiction. Black Mirror

MINISERIE (MINISERIES)

Tra gli anni Sessanta e Settanta, in Italia venivano chiamate sceneggiati, termine nel tempo caduto in disuso. Miniserie, solitamente in sei puntate, ispirate a criteri didascalici, divulgativi e pedagogici (regolamentati da un codice di autocensura), che palesavano una marcata matrice teatrale (scenografie essenziali, prevalenza di interni, una netta predominanza di dialoghi). Si era soliti distinguere tra teleromanzo (sceneggiato tratto da un’opera letteraria) e originale (inedito) e per tutti gli anni Sessanta (il decennio d’oro dello sceneggiato italiano) queste fiction divennero un vero e proprio fenomeno nazionale.

Il segno del comando

Solo per fare qualche titolo e per rendere l’idea: Il giornalino di Gian Burrasca (per la regia di Lina Wertmuller), Il conte di Montecristo, La freccia nera, Sandokan, Gesù di Nazareth (firmato da Franco Zeffirelli), Il segno del comando.

Format fiction. Il giornalino di Gianburrasca

Nel Regno Unito gli sceneggiati si diffondono dopo (durante gli anni Settanta) e vengono esportati anche in America, dove la miniserie di maggior successo viene realizzata nel 1977, si intitola Radici ed è tratta da un libro che narra la saga di una famiglia nera dalla riduzione in schiavitù in poi: 6 puntate da novanta minuti che fanno il giro del mondo e che spingono i loro produttori a realizzare nel 1979 una seconda stagione (Radici – Le nuove generazioni).

All’epoca si cominciava già a parlare di miniseries (da noi miniserie) e da allora non sono stati rari i casi di pluralità di stagioni.

La Piovra, grande successo RAI del 1984, anno in cui venne trasmessa la sua prima miniserie in 6 puntate, ne ha avute ben dieci nell’arco di oltre quindici anni.

La piovra

La miniserie di genere fantastico diretta da Lamberto Bava Fantaghirò ne ha avute cinque tra il 1991 e il 1996.

Oggi come ieri, la miniserie è un lungo film diviso in parti (dette puntate), segmenti lunghi come un film, non autonomi e non autoconclusivi. Convenzionalmente, le miniserie hanno meno di 13 puntate (molte vanno, però, da 2 a 6), ma negli ultimi tempi, forse proprio a causa del consolidarsi di prodotti che hanno queste dimensioni, il termine miniserie ha assunto nuovi significati. Oggi, si preferisce parlare di miniserie in presenza di un’unica stagione costituita da poche puntate della durata di circa 70, 100 minuti.

Ma si sa che oggi è diventato molto difficile classificare, e le eccezioni certo non mancano.

 

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