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I formati della fiction. La serie serializzata

Scopri come le serie televisive sono cambiate nel corso degli anni, passando da episodi autonomi a narrazioni serializzate coinvolgenti.

Serie e serial non sono più le stesse da un bel pezzo.

Sempre più spesso, le serie televisive hanno fatto proprie caratteristiche tipiche dei serial tv. Gli episodi mantengono sempre un certo grado di autonomia, ma sono presenti anche linee narrative che si sviluppano per un’intera stagione, o più, o si risolvono nell’arco di più episodi. Si è proceduto perciò ad un’ulteriore distinzione.

La forma originale ha preso il nome di serie episodica, mentre la nuova tipologia viene indicata con il termine serie serializzata. Ovviamente, dai più attenti addetti ai lavori. Il pubblico confonde – giustamente – i termini, e nel linguaggio comune serie e serial vengono usati alla stregua di sinonimi.

La questione riguarda ampiamente la serialità televisiva contemporanea.

Vediamo, dunque, che cosa è accaduto (dagli anni Novanta ad oggi), cercando di capire che cos’è una serie serializzata, quella che da anni va per la maggiore.

LA SERIE SERIALIZZATA

“Quanta acqua è passata sotto i ponti” da quando Perry Mason dimostrava, in ogni episodio, che il suo assistito era innocente. La vicenda si esauriva nell’arco di un segmento e a cambiare erano solo i comprimari.

Accade anche oggi, ma sono le complesse esistenze dei protagonisti a tenerci incollati allo schermo episodio dopo episodio.

Prendiamo come esempio X-Files, mandata in onda in 11 stagioni dal 1993 al 2002, successivamente dal 2016 al 2018.  La serie ideata da Chris Carter ha per protagonisti due agenti dell’FBI alle prese con un archivio di casi irrisolti: gli X-Files, appunto. Fox Mulder e Dana Scully indagano casi di natura paranormale, il primo con passione, la seconda con scetticismo.

Partita come una serie episodica classica, con tanto di caso di episodio, anzi di “mostro” di episodio, la serie presenta sin da subito una prima anomalia. Un filo rosso attraversa già la prima stagione e riguarda il passato di Fox Mulder: sua sorella è stata rapita quando lui aveva dodici anni, le circostanze sono misteriose e secondo Mulder si è trattato di un rapimento alieno. Chi ha visto la Season 1 di X-Files ricorderà “l’uomo che fuma”, personaggio chiave di questa linea orizzontale.

Una storyline che appare e scompare, ma è in grado di suscitare grande interesse negli spettatori.

Stagione dopo stagione, le cose cominciano a cambiare. I caratteri diventano flessibili e i personaggi, anche se lentamente, si trasformano. A Dana Scully per credere nell’occulto, nel paranormale e nel fantascientifico occorrono oltre cinque stagioni, ed è a partire dalla settima che – prendendo il posto di Mulder – diventa l’elemento irrazionale della serie. Quanto all’amore, lei e Mulder sembrano davvero poco inclini ai sentimenti, salvo poi amarsi appassionatamente e avere un figlio insieme.

Le prime nove stagioni (ognuna composta da 24 episodi) e le due finali (6 e 10 episodi in cui trionfa la mitologia della serie attraverso una onnipresente linea orizzontale) sono a tutti gli effetti una cartina di tornasole di quanto è avvenuto alle serie. Esse si sono trasformate, strada facendo, in serie sempre più serializzate.

Ispirata ad altre serie tv di stampo fantascientifico (Kolchak: The Night Stalker, Ai confini della realtà, I segreti di Twin Peaks) ma anche a molta letteratura e cinema di genere, X-Files è approdata per ben due volte al cinema (X-Files – Il Film, X-Files – Voglio crederci) e ha generato serie a fumetti. La serialità televisiva si nutre di altre forme espressive, che a loro volta ci cibano di televisione.

Il serial entra nella serie con modalità diversificate.

Puntiamo i riflettori su CSI – Scena del crimine, quella ambientata a Las Vegas, per intenderci. Trasmessa dal 2000 al 2015, racconta le indagini della squadra del turno di notte della polizia scientifica di Las Vegas. Serie episodica piuttosto classica, solo in apparenza. Oltre a non mancare doppi episodi (come i novanta minuti di Sepolto vivo, per la regia di Quentin Tarantino), ci catapulta nelle relazioni dei protagonisti, introducendo lentamente piccoli archi di trasformazione. Il culmine della serializzazione lo raggiunge con il “killer delle miniature”, un assassino seriale che dona un sapore da serial alla settima stagione e che, con un cliffhanger, lascia lo spettatore nell’attesa e nel dubbio fino all’ottava, per poi ricomparire nella nona.

E la serie serializzata è servita.

 

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