il nostro blog
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15-03-2020
Cosa fa un produttore? Cristina Borsatti lo ha chiesto a Dario Formisano.
Dario Formisano ha prodotto film e documentari per il cinema e la televisione, dapprima con la Riverfilm e dal 2011 con la casa di produzione Eskimo.
Ha prodotto e distribuito numerosi titoli nazionali e internazionali. Solo per citarne alcuni: "Alexandra" di Aleksander Sokurov, "Là-bas Educazione criminale" di Guido Lombardi, "Silent Souls" di Aleksei Fedorchenko, "Neve" di Stefano Incerti.
Si definisce un produttore indipendente, uno di quegli artigiani che conoscono bene il processo dall’inizio alla fine. E, con grande passione, lo insegna agli studenti dell’Accademia di cinema e televisione Griffith, nell’ambito del corso annuale di Produzione.
Con Dario Formisano abbiamo voluto partire dal principio, passando in rassegna tutte le fasi del suo lavoro, alla ricerca di un’unica risposta: chi è e cosa fa un produttore.
Tu come ti definisci?
Sono un produttore indipendente, mi piace pensare che la mia sia una storia di piccoli successi, dunque sono come un editore. Metto a disposizione la mia capacità di ascolto e di lettura, mi metto al servizio del progetto.
Dico spesso ai miei allievi che quando sento parlare di produttore creativo mi viene voglia di mettere mano alla pistola. È vero che ci siamo evoluti anche in Europa, ed è vero che il produttore è colui che sceglie un progetto e lo porta avanti con gli autori, ma non dobbiamo dimenticare che è, soprattutto, colui che dall’inizio alla fine si assume la responsabilità giuridica ed economica di un film.
Andiamo per gradi… tutto ha inizio con la fase di sviluppo. Di cosa si tratta e con chi hai a che fare durante questa fase?
Oggi ne parliamo tanto, molto più che in passato. Per molto tempo, però, è stata una fase molto trascurata.
Si tratta dell’unico momento in cui un produttore rischia completamente, è sempre una scommessa. Si comincia individuando la materia narrativa, confrontandosi con i contenuti: un’idea che può partire dal produttore stesso o che hanno avuto gli autori. Il primo passo è il dialogo, ma è la scrittura della sceneggiatura ad occupare la gran parte dello sviluppo, seguita dalla verifica della fattibilità del progetto, che è ancora una semplice ipotesi, ma che già prevede i primi sopralluoghi e un pre-casting.
Per risponderti, in questa fase un produttore collabora con gli sceneggiatori e il regista.
Si è sempre speso troppo poco per questa fase, che invece richiederebbe tempo e denaro. La Legge sul Cinema del 2016 ha definito i suoi contorni e ha avuto delle conseguenze anche pratiche: finché sviluppi non puoi fare richiesta di finanziamenti. Esistono, comunque, altre strade. I fondi allo sviluppo non mancano, ci sono quelli di Rai Cinema, del Mibact e di MEDIA (all’interno del programma Europa Creativa), di cui ho usufruito in più occasioni. Bisognerebbe sempre darsi del tempo prima di iniziare a sviluppare un film, cercare i soldi e dedicare grandi energie al lavoro di scrittura. Ma, spesso, vince la fretta.
Sembra proprio una fase che ti appassiona molto…
Personalmente, amo molto questa fase iniziale, come dicevo ci si deve mettere al servizio. Il problema è il tempo, sempre poco, perché un produttore essendo un imprenditore deve occuparsi anche di altri aspetti, quelli amministrativi ad esempio.
Mi rendo conto che sarebbe molto utile anche nel nostro Paese la figura dello showrunner, capace di muoversi tra sceneggiatura e produzione, di seguire con competenza e dedizione lo sviluppo di un film. Ci vorrà del tempo per formarli, i nostri sono ancora perlopiù solo sceneggiatori.
Dallo sviluppo alla pre-produzione. Cosa succede in questo secondo step?
Si tratta di una lunga fase del lavoro, quella che gli americani chiamano pre-production è costituita da due momenti diversi.
Nella fase iniziale di pre-produzione (la pre-produzione propriamente detta) è necessario trovare il budget per realizzare il film, attraverso fondi, enti pubblici o privati, Film Commission o altre forme di finanziamento.
La seconda fase si chiama preparazione e avviene a ridosso delle riprese, come a dire che quando sei in preparazione sai già quando girerai un film.
Chi entra in campo a questo punto?
Con l’inizio della preparazione la prima figura che si aggiunge al progetto è quella del segretario di edizione, compare il primo giorno di preparazione e termina il suo lavoro alla fine delle riprese. In generale, è il reparto regia il primo a formarsi. Dunque, è necessario trovare anche l’aiuto regista, una figura in bilico tra regia e produzione, e l’Organizzatore Generale, che a sua volta ha bisogno di un Direttore di Produzione.
Prendono forma anche i reparti scenografia e costumi. Presto deve entrare in scena anche il Direttore della Fotografia che effettua i sopralluoghi.
Alla fine di questa fase tutto è pronto, ci sono le location, il cast e la troupe, e il film può essere realizzato.
Qual è il ruolo che riveste il produttore durante le riprese?
Qualunque produttore si augura che a questo punto la macchina proceda per conto suo. Se tutto è stato predisposto nel migliore dei modi non ci sono grosse sorprese e il produttore sta a guardare. Torna in campo solo se ci sono guai. Se tutto funziona, il produttore è concentrato sulla parte economico-amministrativa.
Come si diventa produttori? Anche se immagino non ci sia una ricetta…
Ovviamente non c’è. Ma è necessario distinguere.
Chi inizia pensa subito al set, magari partendo dal basso, come runner, limitandosi a portare i caffè. Quella è una strada che ti conduce per mano nell’organizzazione della produzione. Se sei bravo e hai fortuna, intraprendi un percorso che ti porta a diventare Organizzatore Generale o Direttore di Produzione. Qualcuno che segue solo una parte del film e non si è occupato dello sviluppo e della pre-produzione.
Ma se sei interessato al ruolo di Produttore, il percorso più utile è un altro, va cercato all’interno di un ufficio di produzione. Certo, un po’ di esperienza anche sul set male non fa, ma ad un certo punto è necessario fare una scelta…
Per quanto riguarda la tua esperienza?
Sul set sono stato pochissimo, ho scelto da subito di interagire con società di produzione in ruoli strutturati. Volevo fare il produttore, che di fatto è un imprenditore.
C’è la possibilità di lavorare nel tuo ambito?
Benché si dica da anni che il cinema è in crisi, l’industria esiste e c’è un gran fermento. Se vuoi fare un lavoro tecnico, seppure il percorso sia precario e competitivo, la possibilità di lavorare c’è, eccome.
Più difficile iniziare aspirando fin da subito al ruolo di produttore, regista, sceneggiatore. Più facile iniziare facendo altro. Avere le idee chiare aiuta.
Cosa devono portare nel loro bagaglio i ragazzi che sono ad inizio carriera, visto che gli manca ancora l’esperienza?
Non devono mancare disponibilità e passione, visto che il contesto è precario. Sconsiglierei loro di avvicinarsi a questo mondo in assenza di questi requisiti.
Ci vuole poi grande senso di responsabilità e il saper lavorare in squadra, il voler contribuire ad un lavoro di squadra.
Siamo curiosi… attualmente a quali progetti stai lavorando?
Abbiamo appena concluso il nuovo film di Antonio Capuano. Si intitola “Il buco in testa”. Un film a cui ho lavorato con grande partecipazione. Si tratta della storia di una quarantenne che molti anni dopo l’assassinio di suo padre, avvenuto negli anni Settanta, decide di incontrare il colpevole. Il film ha già avuto un’anteprima al Torino Film Festival, ma ora aspettiamo che riaprano le sale prima di distribuirlo. Prima la sala e poi lo streaming, almeno speriamo.
Sto, inoltre, lavorando su un’opera prima, una comedy tra Polonia e Italia, e sul nuovo film di Giuseppe M. Gaudino, un progetto ambizioso le cui riprese, se tutto andrà come si spera, dovrebbero iniziare tra luglio e agosto.
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