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Il product placement in 5 film

03-05-2024

Il product placement nei film è sempre esistito. Ve lo raccontiamo con alcuni esempi.

Il product placement, ovvero il piazzamento del prodotto all’interno dei film, è sempre esistito.

“L'uscita dalle officine Lumière” (“La Sortie des usines Lumière”, 1895) ne è una prova. Siamo all’inizio della storia del cinema e gli inventori del cinematografo puntano la macchina da presa sul brand, il loro brand, regalandoci un primo sorprendente esempio. Un gruppo di operai, perlopiù donne, è ripreso mentre esce dai cancelli della fabbrica Lumière a Montplaisir, alla periferia di Lione.

Subito dopo (è l’inizio del 1896) si recano in una stazioncina nel sud della Francia e girano l’intramontabile “L’arrivo di un treno alla stazione di Le Chotat”, un film che non ha bisogno di presentazioni. Oggi quella stazione è divenuta un luogo di culto, per gli appassionati ovviamente. Nel 1942 è stata apposta anche una targa commemorativa.

Il territorio diventa brand (questione di marketing), altrove il brand (un marchio) ci spinge verso un determinato territorio, e viceversa. I soldi per fare un film o una serie si devono sempre trovare, sono il primo pensiero di un produttore e hanno una grande importanza nei nostri script.

Occasione per consigliarvi caldamente di portare, oltre alle vostre capacità di narratori, idee che possano coinvolgere brand. Un valore aggiunto che non passa inosservato.

Proviamo a raccontare il product placement attraverso 5 esempi.

COLAZIONE DA TIFFANY di Blake Edwards (1961)

La classe non è acqua e Audrey Hepburn ne ha da vendere.

La donna che interpreta è innamorata di Tiffany e a New York ci sta bene, mantenuta da una trafila di amanti che la assecondano in tutto…

Non semplice pubblicità occulta, vero e proprio product placement, pratica che in Usa inizia ad essere utilizzata proprio all’inizio degli anni Sessanta (noi abbiamo dovuto attendere l’inizio del XXI secolo).

La protagonista del bel film di Blake Edward passa tutte le mattine davanti all’omonima gioielleria in New York e il gioco è fatto.

WHAT WOMEN WANT – QUELLO CHE LE DONNE VOGLIONO di Nancy Meyers (2000)

Mel Gibson è Nick Marshall, un pubblicitario di successo di Chicago che per colpa di una collega perde il posto di direttore creativo. Dopo una scossa, acquista il potere di leggere nella mente delle donne, compresa la rivale in ufficio Helen Hunt.

È un film romantico e prende pieghe soprannaturali, ma già dal nome (Nick!) l’operazione di marketing è un’evidenza.

Per riprendersi il posto, il pubblicitario deve realizzare una campagna per la Nike, di cui si parla tutto il tempo ma sembra la cosa più naturale al mondo.

CAST AWAY di Robert Zemeckis (2000)

Il naufrago interpretato da Tom Hanks lavora per la FedEx, tra i corrieri più famosi al mondo.

Ma non basta. Il suo miglior amico sull’isola deserta è un pallone da pallavolo, prodotto dalla Wilson Sporting Goods, che si chiama appunto Wilson.

Da manuale la scena in cui Tom Hanks grida il nome “Wilson” per parecchi secondi, mentre il pallone si allontana trasportato dalle onde, con un brand così ben inserito nella storia da renderlo più umano dei tanti umani protagonisti.

Il film è un piccolo capolavoro, la Wilson moltiplica le sue vendite.

NATALE IN CROCIERA di Neri Parenti (2007)

Inutile raccontarne la trama, siamo nei pressi di un cinepanettone pieno zeppo di star del momento. Ma l’operazione dietro la trama è geniale.

Uno straordinario caso in cui il product placement può dirsi a tutti gli effetti necessario, con la gigantesca ammiraglia Costa Serena che diventa naturale sfondo delle vicende, e con la conseguente sensazione per lo spettatore di essere davvero trasportato in una dimensione crocieristica in mezzo al mare.

Due settimane di riprese a bordo, con tanto di veri passeggieri e vero equipaggio.

Costa Crociere offre la location principale del film, un albergo galleggiante con tanto di ristoranti che è perfetto per ospitare cast e troupe.

LEZIONI DI CIOCCOLATO di Claudio Cupellini (2007)

Lezioni di cioccolato Perugina, tanto per intenderci.

Già a partire dal titolo, si inserisce il prodotto, nel film il brand. Luca Argentero è costretto a frequentare a Perugia un corso di pasticceria e il gioco è fatto.

Il marchio è inserito così bene nella storia da generare un sequel.

Non un semplice screen placement (in cui il marchio compare semplicemente a livello visivo), né tantomeno uno script placement (del prodotto in questo caso si parla), ma un’operazione che inizia a prendere vita assieme allo script, essa stessa si trasforma in uno stimolo alla formulazione delle idee.

 

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