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Cinema e location. Da "Rome" a "Gucci", intervista a Marzia Coltellaccitutti gli articoli

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21-07-2021

Scrittrice, sceneggiatrice, donna di produzione a più livelli: intervista a Marzia Coltellacci.

Scrittrice e sceneggiatrice, ma anche donna di produzione a più livelli. In questo fondamentale reparto Marzia Coltellacci ha svolto le più diverse mansioni (Assistente di produzione, Segretaria di produzione e Direttore di produzione) accumulando una grande esperienza e un curriculum che vede il suo nome al fianco di quelli del calibro di Ridley Scott, George Clooney, Lana e Lilly Wachowski, Ron Howard, Michael Bay, Christopher Nolan. Come Location Coordinator ha, infatti, lavorato in film come Mission Impossible 7, Tenet, Spectre, James Bond 007, The Avengers. Age of Ultron, Angeli e Demoni, Sense 8. Solo per citarne alcuni.

Approfittando di questa nostra prestigiosa docente, nell’ambito del corso annuale di Produzione, ed ex allieva di sceneggiatura e di regia dell’Accademia Griffith, vogliamo parlare di cinema e location, un aspetto e un reparto poco conosciuto, ma di fondamentale importanza per la riuscita di un film o di una serie.

Cominciamo così…

…da anni lavori per il cinema americano che sceglie il nostro Paese come location. Di preciso qual è il tuo ruolo, di cosa ti occupi e come funziona il tuo reparto?

Finalmente si dà un po' di spazio a uno dei reparti chiave nella produzione di un film che solo gli addetti ai lavori conoscono.

Il grande pubblico sa cosa fa il reparto regia o di cosa si occupa la scenografia, chi sono gli sceneggiatori o cosa fa il reparto fotografia, ma in pochissimi sono a conoscenza che esiste un reparto che gira in lungo e in largo sul territorio per trovare il "dove" saranno ambientate le scene.

Siamo noi che andiamo alla ricerca dei luoghi che meglio si adattano alle riprese di un film, cercando di creare la relazione perfetta tra l’ambiente ospitante e le esigenze della produzione.

Vi presento il reparto location. Il nostro lavoro è diviso in tre grandi fasi: gli scouting, i sopralluoghi tecnici e la contrattazione.

Tutto ha inizio con la ricerca degli ambienti (gli scouting), che viene effettuata seguendo le indicazioni presenti in sceneggiatura e le richieste artistiche del regista e dello scenografo.

Una volta scelti i vari luoghi, si prosegue con i sopralluoghi tecnici.

In questa seconda fase si valuta la fattibilità di una location; è il momento in cui tutti i reparti pensano a come organizzare il proprio lavoro così da poter creare una perfetta fusione tra la parte artistica e quella logistica di un film.

Infine, sulla base delle richieste e delle esigenze espresse in fase di sopralluoghi, si passa alla contrattualizzazione che può coinvolgere diverse figure: istituzioni, enti pubblici, privati e/o residenti. Un buon lavoro con il territorio è fondamentale.

L’ultima fase è probabilmente la più difficile e la più delicata: il regista ha scelto la location, i reparti hanno valutato tutti gli aspetti del luogo, hanno espresso i propri bisogni e stanno iniziando ad organizzare di conseguenza il proprio lavoro, adesso il reparto location deve far in modo di chiudere l’accordo nel miglior modo possibile, rispettando il budget a disposizione e tentando di soddisfare le esigenze espresse da entrambe le parti.

Quali sono le principali figure di questo reparto e tu di cosa ti occupi?

Le principali figure del reparto location coinvolte in questo iter sono generalmente suddivise in: Supervisor location manager, Location manager, Location Coordinator, Assistente Location manager e PA (Production Assistant).

Da molti anni, rivesto principalmente il ruolo di Location Coordinator.

Lavoro, perciò, a stretto contatto con il Supervisor, mi occupo di coordinare la mia squadra per fare in modo che i vari aspetti curati dalle singole persone del reparto siano in linea con quanto è stato preventivato.

Nello specifico mi trovo a seguire tutta la parte relativa al budget e ai contratti.

Per intenderci, una volta scelta e chiusa la trattativa con una location, bisogna formalizzare gli accordi presi e contemporaneamente iniziare a organizzare tutta la logistica necessaria per la singola giornata di riprese (servizio di sicurezza, luoghi in cui far mangiare la troupe, camerini per gli attori, parcheggio per i camion, la raccolta della differenziata, le pulizie della location… etc.), che dovrà essere definita e chiusa in tempi record.

In un certo senso, ogni giornata di shooting equivale all’organizzazione di un grande evento.

Tutto questo processo comporta l’espletamento di una serie di pratiche con i diversi fornitori e di altrettante pratiche interne che dovranno essere approvate dai produttori per poi finire negli uffici dell’amministrazione per i relativi pagamenti.

Esiste qualcosa di simile nel cinema italiano o il reparto location è assorbito dal reparto produzione?

Non posso rispondere con un semplice sì/no.

Tutto dipende dalla portata del progetto o per meglio dire, tutto dipende dal budget a disposizione: nei film o nelle serie a basso budget, non è raro che ad occuparsi delle location sia la produzione stessa che, per la fase di scouting (la ricerca delle location), si affida ad agenzie esterne.

Negli ultimi anni, però, nel cinema italiano si è fatto spazio il reparto location, anche se in formato ridotto: un location manager e un assistente location manager.

Nel cinema italiano, il reparto location si occupa della ricerca e della finalizzazione delle location ma una volta chiusa la trattativa, lascia al reparto produzione il resto del lavoro di organizzazione.

Tra il cinema italiano e quello anglo-americano quindi la principale differenza sta proprio nell’impostazione del lavoro, quello d’oltreoceano è decisamente più strutturato (a dire il vero fin troppo).

Nel cinema anglo-americano, infatti, il reparto location si prende in carico anche una grande fetta dell’organizzazione di moltissimi aspetti logistici, diventando di fatto un’estensione della produzione. Per questo motivo, generalmente, il reparto è formato da una nutrita squadra di professionisti, un minimo di quattro/cinque persone fino ad arrivare a oltre trenta.

Grazie alla presenza massiccia delle grandi produzioni internazionali in Italia, sta cambiando qualcosa anche nel nostro modo approccio cinematografico, credo si stia facendo strada una nuova visione del lavoro.

Si inizia a comprendere l’importanza di avere all’interno della propria troupe persone "specializzate" nel settore location, che sappiano avere la giusta cura con il territorio, che sappiano dove e come ricercare le location, ottenendo un risultato più in linea con le esigenze artistiche e logistiche del film.

Gli ultimi film per cui hai lavorato sono stati "Mission Impossible 7" e "Gucci". Ci parli di queste due esperienze?

L’anno della pandemia, nonostante le forti paure iniziali che hanno fatto temere il peggio in merito al ritorno delle grandi produzioni americani nel nostro paese, si è dimostrato invece un anno ricco di progetti.

Dalla scorsa estate, dopo l’approvazione di rigidissimi e complicati protocolli anti-Covid, l’Italia è stata un’esplosione di set.

"Mission Impossible 7" e poi "Gucci" sono solo alcuni dei titoli che vedremo prossimamente sul grande schermo. "Mission Impossibile 7", in un certo senso, mi viene da dire che è proprio figlio della pandemia.

È stato il progetto in assoluto più lungo e più difficile su cui abbia mai lavorato. Già per sua natura una pellicola come "Mission Impossibile" è un film complicato in termini produttivi: un film d’azione fatto di inseguimenti ad alta velocità lungo strade del centro storico, di incidenti e altri effetti speciali, comporta un lavoro molto curato con il territorio, con i residenti, con le istituzioni e un’organizzazione capillare che coinvolge quotidianamente più di 400 persone... Se poi ci aggiungiamo la parola "pandemia" diventa una vera esplosione.

Mai titolo di un film fu più giusto!

La preparazione è iniziata a ottobre del 2019, con l’inizio riprese previsto per la fine di febbraio del 2020... il resto è storia.

E al film cos’è accaduto?

A due giorni dal primo ciak nella città di Venezia, siamo stati costretti a rimodulare di continuo il piano di lavoro fino a dover sospendere le riprese a causa del lockdown.

Ad agosto, non senza difficoltà e scetticismo, cambiando completamente il modo di approcciare al set e applicando i protocolli anti-Covid, abbiamo ripreso la preparazione del film. A dicembre 2020 abbiamo portato a termine l’impresa con grande fatica e non senza difficoltà.

Avere a che fare con la pandemia ha rivoluzionato completamente l’assetto del lavoro sia in ufficio che sul set, ci siamo trovati tutti a dover affrontare ogni giorno imprevisti nuovi a cui nessuno era preparato e abbiamo dovuto reinventare quotidianamente un nuovo modus operandi per cercare di portare a termine il progetto.

Nei due mesi di shooting in Italia siamo stati costretti a fare diverse interruzioni a causa di contagi nella troupe. Fermare un film in corsa, di norma, è sempre una decisione difficile, perché rende necessario riorganizzare dall’inizio un’intera macchina produttiva.

Interrompere un film per una pandemia che non permette di avere le idee chiare su quello che potrebbe accadere il giorno dopo, è stata una vera "missione impossibile" perché ci ha obbligato a stravolgere i piani, comportando uno sforzo produttivo immenso, sia in termini di budget che di risorse umane.

La cosa fondamentale in questi progetti è avere un reparto affiatato che nonostante tutto riesca a lavora in sinergia. Noi eravamo più di trenta persone, suddivise tra Roma e Venezia, tenere le fila di tutto non è stato affatto semplice ma ho avuto la fortuna di lavorare con persone professionali, attente e sorridenti.

Hanno fatto parte della squadra anche alcuni ragazzi che si sono formati all’Accademia Griffith, proprio come me ed è stato un vero piacere vederli "crescere", hanno dimostrato ottime capacità e, cosa che ritengo più importante, hanno saputo affrontare questi mesi di intenso lavoro con grande impegno.

Nel cinema una delle regole principale è fare squadra e mai, come su questo film, si è rivelato tanto indispensabile.

Quanto a "Gucci"?

Subito dopo "Mission Impossible", ho coordinato il reparto location anche per la produzione "Gucci" di Ridley Scott. Tutto un altro film!

Nessun inseguimento ad alta velocità nelle strade di Roma però in questo caso abbiamo dovuto gestire un ricco cast di attori di grande fama internazionale, il che ha comportato un livello altissimo dell’attenzione in termini di organizzazione.

E anche in questo caso, gli imprevisti causati dal Pandemia non sono mancati.

Lavorare per Ridley Scott, però, regala sempre immense soddisfazioni sia professionali che umane. Ho avuto la fortuna di lavorare per lui, sempre nel reparto location, su altre due produzioni ("The Vatican" e "All The Money in The world") e ogni volta l’ho fatto con grande entusiasmo.

Per quali ragioni secondo te queste enormi produzioni estere scelgono il nostro Paese?

Le super produzioni estere scelgono l’Italia per le bellezze del territorio non per i nostri Studios, cosa che probabilmente avviene in città come Londra.

Le grandi produzioni scelgono di venire nel nostro paese perché fondamentalmente è una terra ospitale, che offre una varietà e una ricchezza di paesaggi e atmosfere che permettono di ambientare moltissime scene, se non addirittura un’intera pellicola.

Spesso ci è capitato di girare in Italia film ambientati in Israele ("Mary Magdalene") o nell’Est Europa ("Avengers: The age of Ultron"), o ancora a San Francisco ("All The Money in Wordl") o Parigi ("Third Person")… la grande varietà dei paesaggi unita alla magia del cinema può regalare grandi opportunità di lavoro per il nostro paese.

Veniamo al ruolo delle location in un film o in una serie… quanta importanza hanno le location all’interno di uno script e perché?

Direi che le location in un film sono da considerarsi al pari della fotografia e dello script.

Senza una buona fotografia o senza una sceneggiatura ben fatta, qualunque film rischia di non essere visto fino alla fine.

A mio parere, lo stesso vale per le location. 

La scelta dei luoghi è fondamentale per ricreare le giuste atmosfere e per comunicare gli stati emotivi che il regista vuole far arrivare al pubblico.

Ogni scena è scritta, pensata e ambientata in un luogo preciso, se il luogo è "fuori luogo" tanto vale tagliare la scena.

Il cinema poi è particolarmente legato al concetto di sogno, pertanto credo che ogni aspetto di un film abbia bisogno della giusta cura affinché lo spettatore si possa sentire parte della storia, coinvolto con tutti e cinque i sensi, e quando la location è quella giusta, si può quasi sentire l’odore dell’aria che respirano gli attori mentre recitano.

Uno script può subire modifiche a causa delle location che si decidono di utilizzare? 

Assolutamente sì!

Non bisogna scordarsi che un film è un prodotto costruito attraverso un processo meticoloso, è un ingranaggio perfetto che però è soggetto all’incastro di più variabili e le location insieme agli attori sono le prime due variabili che comandano il gioco.

Se una delle due non funziona o se una delle due non è disponibile nel periodo di riprese, si rende necessario rimodulare la sceneggiatura, talvolta anche tagliando delle scene.

Quale ruolo hanno le Film Commission nel tuo lavoro? Cosa offrono e cosa ottengono in cambio?

Le Film Commission sono un traino importante per le produzioni cinematografiche, in un certo senso sono il biglietto da visita di un territorio e al tempo stesso sono anche il biglietto di invito ad andare nel proprio territorio.

Si crea cosi una collaborazione tra le parti in cui ciascuna mette sul piatto quello che ha da offrire: la Film Commission si impegna per esempio ad abbattere parte dei costi diretti sostenuti dalla produzione (hotel, occupazione suolo pubblico…) in cambio di visibilità.

Una produzione, dal canto suo, può decidere di dirottare e quindi riscrivere la storia di una sceneggiatura originariamente ambientata in un determinato luogo, ambientando la storia nella location in cui viene "invitata".

Si pensi alla Puglia e al grande incremento di pellicole girate lì negli ultimi anni, ecco credo che la Apulia Film Commision abbia saputo coniugare alla perfezione le esigenze di un film con quelle della promozione del proprio territorio, ben comprendendo a pieno le potenzialità del cinema.

Quali sono i vantaggi che riceve un territorio scelto come location di un film internazionale? Quali le ricadute economiche sul territorio?

Le produzioni cinematografiche, italiane o internazionali che siano, creano sempre un indotto economico importante. Le grandi produzioni internazionali senza dubbio muovono numeri più importanti in termini di persone, di esigenze e quindi di soldi.

Pertanto, l’arrivo di una produzione in un determinato territorio porta senz’altro un arricchimento dapprima in modo diretto e subito dopo in modo indiretto. Si pensi già solo agli hotel e ai ristoranti che ospitano una troupe, ai fornitori dei vari e disparati servizi che sono richiesti da una produzione durante la sua permanenza, fino all’assunzione di ulteriori risorse umane locali a supporto della troupe nelle varie mansioni.

Dopo l’uscita del film, in genere, si crea un’economia di ritorno che nella maggior parte dei casi da nuova vita a luoghi fino a quel momento sconosciuti: molte location o paesaggi che sono stati protagonisti di un film o di una serie diventano spesso meta di turismo.

Si può parlare di cineturismo?

Senza dubbio rispondo sì! Negli anni ’90, per esempio, la maggior parte di noi italiani non sapeva neanche dove fosse Matera.

Ad oggi, invece, è diventata una meta turistica internazionale alla stregua di Roma o Parigi.

È ormai conosciuta in tutto il mondo, ha un ritorno di turismo da far girare la testa e tutto questo movimento è iniziato proprio grazie alle grandi pellicole che hanno riempito gli schermi di tutto il mondo.

E questo vale per moltissimi luoghi splendidi e ricchi di fascino che restano sconosciuti fino al momento in cui non diventano il palcoscenico di un film, o di una serie televisiva, che ci trasporta in posti da sogno e che spesso sono proprio dietro casa nostra… Ma non lo sapevamo.

Come hai iniziato e quali consigli daresti a chi comincia a lavorare nel tuo reparto?

L’Accademia Griffith mi ha formato da giovanissima, mi ha fatto appassionare a questo mondo fluttuante ma anche molto concreto, dandomi gli strumenti giusti per affrontare il percorso e la grande opportunità di mettermi in gioco grazie ad uno stage in produzione sul set di Rome, nel lontano 2005.

Da quel momento ho avuto la possibilità di testare le mie capacità e costruire piano piano la mia strada cinematografica, crescendo un po' alla volta, ogni giorno un pochino di più.

Me lo ripeto sempre: non si smette mai di imparare, ogni film è una nuova avventura e ogni nuova avventura riserva imprevisti e sorprese che non sono mai uguali a quelle già vissute in precedenza.

Non basterebbero 100 film per poter dire di sapere tutto.

Come per ogni cosa nella vita, anche nel cinema ci vuole pazienza, umiltà e tanto impegno. Nessuno ti regala niente, bisogna farsi le ossa, metterci impegno e determinazione ed essere coscienti che ogni set è un’esperienza nuova, tanto che può capitare anche che in corsa cambino le regole del gioco (come durante l’anno della pandemia).

La strada a volte è in salita e faticosa per i ritmi lavorativi che bisogna sostenere e per le difficoltà di percorso, ma se si resta focalizzati sull’obiettivo le soddisfazioni sono assicurate.

Prossimi progetti?

Per politica sulla riservatezza non posso dire molto, anzi non posso proprio dire niente. Una cosa però posso dirla: passerò l’estate in Sicilia.

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